Epilogo

Guardando Kakà, e la ringhiera da cui si affaccia, viene in mente un preludio di addio già vissuto. Fa pensare a Sheva, affacciato dalla "Sud", quell'ultima volta. Era Milan-Roma, e la sofferenza fu tanta, per lui e per noi.
Non è andata così, non stavolta. Non per ora. Non fino a giugno, almeno.
Ricardo resta con noi, e il popolo rossonero tutto ne gioisce. Non ho trovato nessuno che mi dicesse di "aver ponderato" l'offerta del City in maniera positiva, vantaggiosa, o quantomeno ragionevole.
Per tutti Kakà è (e sarà) senza prezzo; per tutti non potrà mai essere merce di scambio.
Eppoi piace perché rappresenta ciò che non siamo: bravi calciatori, corretti in campo, altruisti, amanti delle cose semplici e di Dio.
Ma ora ci piace anche perché rappresenta invece ciò che siamo da sempre: innamorati del Milan.
Non contano i perché, le cifre, i retroscena, i sospetti di teatralità pseudo-politica, lo scarso blasone del City, le aspettative di Robinho.
A noi piace pensare che Ricardo sia rimasto perché ha visto in noi l'affetto sincero di chi lo identifica come "Milan", e non come "giocatore del Milan". Tra le due cose la differenza è enorme.
Enorme quanto il sollievo provato nel vederlo, col sorriso di bambino, affacciato dalla sua finestra, colla sua "ventidue" tra le mani: una moderna Giulietta shakespeariana, felice dell'amore dei suoi tanti Romeo.

Nicola Piras

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