Un precario indispensabile

Poker del Milan in casa del Bologna; al gol di Di Vaio, risponde prima Seedorf (quest'ultimo fischiato da pochi imbecilli, con il silenzio-assenso di un vergognoso Dall'Ara); poi è la volta del duplice affondo di Kakà, reduce dal tormentone Milan-City, che pare, però, averlo scalfito davvero poco dal punto di vista del rendimento; ed infine tocca al "nuovo che avanza": David Beckham. Nuovo per noi milanisti, e nuovo persino per i detrattori, spesso tifosi di altre squadre, che vedevano nell'inglese un semplice, ennesimo, colpo di marketing... uno di quelli che, tanto per capirci, fa vendere più maglie e più gadget.
Ma il Milan è soprattutto cuore, e Cantamessa (legale rossonero n.d.r.) ha chiaramente lasciato trapelare che in Via Turati vogliono trattenere lo Spice Boy anche dopo la gita fuori Los Angles.
Il britannico ha risolto molti dei problemi a centrocampo, divenendo leader in punta di piedi, forse senza neppure volerlo. Con Ronaldinho che difende poco o nulla (panchina meditativa per lui coi rossoblu), e Gattuso out, David è una manna dal cielo...
Tra le grandi, la nostra è la squadra che, ad oggi, sta meglio. L'Inter pasticcia col Doria, mentre la Juve batte "la viola" portando con sé polemiche lunghe chilometri.
Sarà l'inizio di un cammino roseo?

Nicola Piras

Epilogo

Guardando Kakà, e la ringhiera da cui si affaccia, viene in mente un preludio di addio già vissuto. Fa pensare a Sheva, affacciato dalla "Sud", quell'ultima volta. Era Milan-Roma, e la sofferenza fu tanta, per lui e per noi.
Non è andata così, non stavolta. Non per ora. Non fino a giugno, almeno.
Ricardo resta con noi, e il popolo rossonero tutto ne gioisce. Non ho trovato nessuno che mi dicesse di "aver ponderato" l'offerta del City in maniera positiva, vantaggiosa, o quantomeno ragionevole.
Per tutti Kakà è (e sarà) senza prezzo; per tutti non potrà mai essere merce di scambio.
Eppoi piace perché rappresenta ciò che non siamo: bravi calciatori, corretti in campo, altruisti, amanti delle cose semplici e di Dio.
Ma ora ci piace anche perché rappresenta invece ciò che siamo da sempre: innamorati del Milan.
Non contano i perché, le cifre, i retroscena, i sospetti di teatralità pseudo-politica, lo scarso blasone del City, le aspettative di Robinho.
A noi piace pensare che Ricardo sia rimasto perché ha visto in noi l'affetto sincero di chi lo identifica come "Milan", e non come "giocatore del Milan". Tra le due cose la differenza è enorme.
Enorme quanto il sollievo provato nel vederlo, col sorriso di bambino, affacciato dalla sua finestra, colla sua "ventidue" tra le mani: una moderna Giulietta shakespeariana, felice dell'amore dei suoi tanti Romeo.

Nicola Piras