Prendiamo il Toro per le corna

Proprio mentre eravamo tutti pronti a mettere alla gogna il Milan, quest'ultimo, pur non senza fatica, torna dall'Olimpico di Torino col bottino pieno. È una partita in crescendo, culminata con un gol di Pato, ma suo solo per le statistiche. Infatti il merito della rete è tutto di Gilardino, che Ancelotti aveva, già da qualche minuto, deciso di rimpiazzare con Paloschi. Il biellese si divincola in area tra Fontana e un difensore, scaricando un diagonale rasoterra destinato a finire in porta, e facendo così cambiare idea al mister, che decide di lasciarlo in campo anche nell'ultimo scampolo di partita. Pato, per evitare qualunque evenienza infausta, la butta dentro sotto porta, e manda al capolinea quel pallone troppo lento a varcare la soglia della linea di porta. Naturalmente le solite pecche relative alla lentezza e alla prevedibilità del gioco restano, così come la fase d'attacco così stucchevolmente centrale. Però, come diceva qualche giorno fa il buon Gattuso, "è meglio giocare male e vincere, che giocare bene come con la Roma, e perdere". Mai parole sono state più sagge, e tempisticamente azzeccate. Questo Milan, infatti, non dà più spettacolo, ma regala spesso sbadigli. Per la Champions servono punti, e se questi arrivano senza il bel gioco, pazienza. Pensiamo a portare più fieno possibile in cascina, possibilmente più di quanto faccia la Fiorentina, sempre quarta, da sola. Speriamo dunque in un raccolto meno magro di quello che gli eventi lasciano prevedere.

Nicola Piras

Luci (di Lanterna) a San Siro

Alla vigilia di Milan-Sampdoria riecheggiava il fermo pensiero di Carlo Ancelotti, secondo cui "il Milan di Roma è rimasto all'Olimpico". Detto questo, era lecito aspettarsi una gara maschia del Milan. Così non è stato, e al Meazza si è assistito ad un match in cui si è palesata la solita situazione: la facilità, per chicchessia, di fare punti a San Siro. Maggio prima e Del Vecchio poi, piegano i rossoneri già nella prima frazione di gioco, al termine della quale non mancano i fischi all'indirizzo della squadra meneghina. I maggiori indiziati della débâcle sono i soliti Oddo e Seedorf, anche se i vari Pirlo e Jankulovski non sono stati all'altezza delle aspettative. Kalac è prematuramente uscito dal suo momento di grazia, evidenziando pecche di tempistica, nonché di posizione. Kakà claudicante, lascia il terreno di gioco dopo 7' (e ne avrà per tre settimane ancora).

Solo nella ripresa si è assistito ad un tentativo di rimettere l'incontro in carreggiata, ma non è stato sufficiente. Un brillante Paloschi sfrutta un assist del collega (anche anagraficamente parlando) Pato, e accorcia le distanze. La Fiorentina non ne approfitta, e, a sua volta, ci lascia le penne in quel di Napoli. Ringraziamo San Paolo, se la rimonta non è diventata affare esclusivo dei viola.

Nicola Piras

Castellani, culla dell'ambiguo

Il titolo lascia davvero poco spazio all'inventiva. Allo stadio di Empoli, s'è visto tutto e il contrario di tutto. S'è visto vincere pur meritando di perdere. S'è visto Ambrosini dire che la partita è stata bene interpretata, e contemporaneamente Ancelotti affermare che il Milan non gli è piaciuto. S'è visto come giocatori con l'acqua alla gola, come Gourcuff e Gilardino, invece di tentare di salvarsi, abbiano invece scelto di lasciarsi annegare (probabile partenza a fine stagione, per entrambi). Il n°11 appare in netta difficoltà persino su agganci di passaggi chirurgici (spesso provenienti da Pirlo).


Dicevo dunque di un Milan che vince con demerito. Infatti il 3-1 ai danni dei toscani non deve far pensare ad una passeggiata, perché tale non è stata. Diavolo in vantaggio con Pato, che sfrutta la presa insicura di Bassi, il quale si lascia sfuggire una palla ormai doma; al brasiliano non rimane che appoggiare in rete. Pareggio subitaneo di Buscé in scivolata, e tutto da rifare. Anonimo match fino ai minuti finali, nei quali Ambrosini prima (incornata) e Kakà poi (esterno destro, rasoterra, a girare), mettono in ghiaccio il risultato (3-1 al triplice fischio).

L’”effetto Arsenal” probabilmente ha inciso, ma non quanto i media vogliono far credere. La verità è che questa è una squadra logora, limitata nel senso dell’organico, mediamente anziana, e soprattutto stanca, sia a livello fisico, che a livello mentale. Consola in parte la sconfitta della Fiorentina a Siena, in virtù dell’obiettivo del tanto famigerato e agognato 4° posto in classifica.

Nicola Piras

A.C. Milan vs Moratti

Testualmente riporto il comunicato stampa che l'A.C. Milan ha lasciato sul web:

“Le dichiarazioni rese da Massimo Moratti al Teatro Smeraldo di Milano non sono certamente eleganti e denunciano una memoria cortissima quando negano che l’Inter abbia avuto problemi con la giustizia sportiva ed anche una notevole imprecisione quanto alla collocazione dell’Inter.
Nonostante il comprensibile affetto che Massimo Moratti nutre per la sua squadra, pare in effetti davvero azzardato affermare che essa “è considerata da sempre la squadra di prestigio di Milano”, quando c’è altra squadra che ha vinto assai di più in Italia e in campo internazionale.
Ironia vuole poi che queste affermazioni giungano proprio nel giorno in cui al Milan, che sarebbe l’altra squadra, è stato attribuito dal CONI il collare d’oro, la massima onorificenza sportiva che viene attribuita alle società che hanno onorato la storia dello sport italiano.
Comunque molti auguri ai cugini nerazzurri ed all’Inter per i suoi 100 anni”

www.acmilan.com

Monsieur Wenger ...chapeau!

Si è chiuso un bel ciclo, fatto di sette anni bellissimi, coronati da due finali giocate col Liverpool (Istanbul 25/5/2005 e Atene 23/5/2007, di cui la prima persa e la seconda vinta) il ciclo del Milan in Champions League. Ha vinto il migliore, il più forte, il più fresco, il più scaltro, e il più umile. Un Arsenal meraviglioso piega i campioni in carica con due gol (Fabregas e Adebayor) che mettono in risalto i malanni di una squadra fantasma, stavolta copia esatta della mediocre compagine esibitasi in un campionato a cui pare importi davvero poco. Finisce qui il sogno di dare un senso a questo finale di stagione, dopo il Mondiale per Club vinto in Giappone lo scorso dicembre.
Più che al match, il commento va alla dirigenza: superficiale. Senza innesti non ci si schioda dal limbo in cui il Diavolo è piombato (o è stato fatto piombare con improbabili e discutibili strategie di mercato). Volenti o nolenti si deve cambiare. E alla svelta.
Galliani dice che le prossime partite di campionato devono essere dodici finali (12 sono i match da qui alla fine del torneo), il cui culmine dev'essere il 4° posto. Lo scetticismo è quantomeno lecito. Non me ne voglia la dirigenza, ma questo eterno modo di dire che va tutto bene a me non piace. E sono in buona compagnia. Il 4° posto è arduo da raggiungere quanto la finale di Mosca.
Riusciremo a fallire anche l'obiettivo minimo, per poi dire che comunque anche in U.E.F.A. si sta bene?

Nicola Piras

Sfogo

Giano Bifronte ha colpito ancora. Un Milan a due facce intasca l'ennesimo pareggio in casa propria, contornato da numerosi fischi. Questo perché, se da un lato la squadra in Champions dà anche l'anima, dall'altro dà prova di non tenere affatto al torneo del proprio Paese. E i tifosi se ne sono accorti. La squadra è letteralmente bollita, e si fa fatica a trovare un uomo da salvare. Ancelotti fa un turnover esasperato pur sapendo di non poterlo fare, per mancanza di panchina. I titolari, tra cui Oddo e Seedorf rasentano il comico, l'uno per i cross osceni, l'altro per la corsa a dir poco moviolistica. Gourcuff manda il padre a lagnarsi in via Turati per far sì che il figlio giochi di più, non chiedendosi peraltro il perché dello scarso impiego; Gilardino viene giustificato dai media tirando in ballo la sua imminente paternità, non ricordando però che Gilardino è in questa condizione da un biennio abbondante!

Una
Lazio tutt'altro che irresistibile torna a Roma contenta, col suo punticino facile facile, che sarebbero tre, se De Silvestri non avesse atterrato Kaladze in area di rigore (rigore poi segnato da Oddo). Questo dovrebbe far riflettere la società e la dirigenza: appare inutile portare il contratto di Kakà a 12 milioni nel 2013, quando è evidente che Ricardo da solo non può risolvere i problemi di una squadra logora, tantomeno può provare piacere nel giocare in una compagine senza ambizioni. A questo punto è lecito attendersi qualunque cosa contro l'Arsenal.

Nicola Piras